La Grande Guerra

Alcune notizie sui fatti e suoi nostri paesani alla Grande Guerra

Quella domenica 23 maggio 1915 era festa grande a Corte. Era il giorno più bello e spensierato dell’anno: il giorno della sagra paesana. Giostre e baracconi verosimilmente assiepavano il sagrato della chiesa come la tradizione ha sempre voluto. Ma non era stata una vigilia serena. Tutti aspettavano, giorno dopo giorno, il tragico annuncio. Sopraggiunse proprio quella domenica: è la guerra! L’indomani l’Italia, attraverso l’ambasciatore a Vienna presentò la dichiarazione di guerra all’Austria-Ungheria. Già da diversi mesi gli uomini, abbandonate perlopiù le coltivazioni dei campi e le famiglie, erano stati chiamati ai propri reparti; quasi tutti, partiti senza una preparazione militare. Una vera e propria “armata contadina”, come è stata efficacemente definita, inconsapevole di quale sorte la stava attendendo. Partirono per il bene ed il futuro della patria, per liberare quei pezzi d’Italia in mano all’odiato straniero come l’enfasi politico-militare aveva loro insegnato. Non ci è dato sapere il numero di quanti furono chiamati alle armi negli anni del conflitto. I dati sul numero complessivo dei morti di Corte sono discordanti. La fonte più incompleta è sicuramente l’Albo d’Oro35 con 50 nominativi; sul monumento ai caduti sono ricordati invece in 75 (con l’evidente inclusione anche di ex combattenti deceduti successivamente alla chiusura del conflitto); Maria Miazzi, nel suo più volte citato testo, ci informa anche di 18 mutilati.  Un contributo umano notevole se consideriamo che a livello comunale i deceduti furono complessivamente circa 200. In loro ricordo hanno provveduto, per prima la parrocchia prima con una lapide e poi la comunità cittadina con il monumento ai caduti. In qualche famiglia ne morirono anche due (Cesarato, Cipriotto, Franco, Marigo, Miazzi, Moro, Zagallo) o tre (Sanavia): « una povera vecchietta aveva tre soli figli; li vide partire tutti e tre e non tornare mai più, lasciandola sola sola per sempre».  Fra questi anche alcuni membri della Corale “Don Libero”. In loro onore e per tutti gli altri caduti il maestro Daniele Dante compose, parole e musica, un coro a loro dedicato nel giorno della benedizione del monumento:

«Sia gloria a voi prodi
Incliti figli campioni dell’Italia grandezza
Sia gloria a voi che puri come gigli
Donaste a noi la vostra giovinezza
Sia gloria
Voi che all’aquila gli artigli troncaste
Con la nobile fierezza di romana gente
E coi vermigli sudor del vostro sangue
La tristezza su noi gettaste su noi miseri mortali
Ma oggi un monumento alla vittoria per voi s’eleva
E il nostro saluto vi gridi forte, o spiriti immortali,
che dura e bella è la vostra gloria
Che alato a voi guarda l’angelo muto.»

La cronologia di queste morti ci fa ripercorrere quasi ogni fase di questo tragico e massacrante conflitto. A partire da Guido Fornasiero che fu il primo caduto di Corte e di tutto il Comune di Piove di Sacco, morto solo dopo una decina di giorni dall’inizio delle operazioni belliche sul monte Podgora (vicino a Gorizia) in quello che fu il primo “balzo offensivo italiano”. Le famiglie a casa attendevano con speranza di rivedere i loro cari almeno per qualche licenza, magari breve, per raccogliere i frutti della terra. Il più delle volte invece arrivavano (nonostante l’interessamento dell’Amministrazione comunale nel patrocinare le richieste a volte disperate dei concittadini e la reale necessità di tutta la comunità di avere a disposizione la necessaria forza lavoro per i campi) le comunicazioni dai reparti militari che giungevano ad avvertire che il soldato era andato disperso, caduto prigioniero o deceduto.
Immaginiamo la partecipazione di quanti a casa pregavano e tenevano strette le lettere spedite dal fronte; il dolore delle mogli e delle madri ed anche l’orgoglio di qualche padre convinto che il sacrificio del proprio figlio fosse servito alla causa dell’Italia. Questi sentimenti leggiamo qua e là nella carte conservate presso l’Archivio comunale.

Molti in verità non solo non sono mai più tornati a casa e non si conosce  neppure dove sono stati sepolti con sicurezza. Spesso dispersi in battaglia, raccolti senza una precisa identità trovarono luogo di riposo nei grandi sacrari militari come Redipuglia (Agostino Righetto), Oslavia (Miazzi). Altri caduti prigionieri perirono nei campi di concentramento austro-ungarici, già allora strumenti inumani di sofferenze e di morte (Luigi Dante ad Innsbruck, Indorati Vittorio Luigi a [Wuin Feiustritz],  Cornelio Trolese a Ostffyasszonyfa –Ungheria, Boischio Luigi a Sigmundsherberg – Austria). Altri ancora, visitati ed aiutati dalla Croce Rossa, riuscirono in qualche modo a tornare: Beltramin Arturo, Benvegnù Angelo, Boischio Giovanni, Dante Riccardo da Mauthausen; Beltramin Giuseppe, Cappello Adolfo da Sigmundsherberg, Miazzi Isidoro da Bolzano. Ognuno di loro meriterebbe senza dubbio di non essere lasciato nell’oblio. In qualche loro foglio matricolare abbiamo letto delle loro vicende militari e possibili silenziosi atti di eroismo.

Monumento ai caduti – Elenco Prima Guerra mondiale

©Giovanni Bissacco (testo liberamente trasposto dal volume: Corte Bona ed Optima villa del padovano)

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